Per l’abbinamento artistico con i vini della cantina Alois di Pontelatone (CE), abbiamo scelto un’opera del 1975 di Salvador Dalì, “Moises sauvé des eaux”. Una litografia su pelle di agnello realizzata dal genio spagnolo, che lega arte e psicanalisi. Che, tuttavia, si presta alla grande in un intreccio che coinvolge pure arte e musica.
Ritmodivino torna con la sua abituale proposta di abbinamento musicale e artistico, ad un paio di mesi dall’ultimo viaggio della nostra rivista nel cuore dell’Irpinia.
Dopo il viaggio a Sant’Angelo all’Esca in visita alla Tenuta Cavalier Pepe, noi di Ritmodivino abbiamo deciso di spostarci nell’alto casertano, a Pontelatone, in visita alla Tenuta Alois. Una visita che ci ha emozionati, in primis per le storie di vino che i fratelli Alois ci hanno narrato in quell’occasione.
L’abbinamento con il loro Casavecchia di Pontelatone DOC Riserva, vino del 2014 non ancora in commercio, non è stato facile.
Si trattava di raccontare un vino scegliendo musica e arte in grado di mettere insieme tradizione ed innovazione, ma soprattutto bisognava individuare ciò che era in grado, contemporaneamente, di raccontare la passione di una famiglia. Una famiglia che ha scelto di puntare su un vitigno poco conosciuto, riuscendo però a valorizzarlo al punto da renderlo distintivo di una particolare area della Campania, l’alto casertano.
Pontelatone, infatti, è un piccolo centro della Campania Settentrionale, non lontano dalle montagne di Roccamonfino ma a sud del fiume Garigliano, naturale confine geografico tra il Lazio ciociaro e la nostra regione.
Oggi, se si parla di Casavecchia, si parla inevitabilmente di Pontelatone, poiché il nome della vera DOC include quello della città campana. Solo i vini nati qui, resi famosi in tutto il mondo soprattutto ad opera della famiglia Alois, oggi possono fregiarsi di questo nome.
Alla fine ci siamo resi conto che il tema di partenza non poteva che essere quello delle radici.
Da Cohen a Dalì
Tutto è partito da Avishaj Cohen, il bassista israeliano ispirato da Jaco Pastorius che è stato l’autore che abbiamo scelto per l’abbinamento musicale. Cohen è nato in un kibbutz israeliano e dovunque ha suonato egli ha portato con sé il suo forte legame con la sua terra, una terra di grandi difficoltà e contrasti.
Com’egli stesso ha dichiarato, “crescere in Israele” ha fatto la sua fortuna musicale, giacché Israele è sempre stato un crogiuolo di popoli. Qui si sono incontrate numerose culture, da quella araba a quella ebraica a quella europea, finanche indiana.
Come israeliano, Cohen ha ricevuto anche critiche, in passato, soprattutto nel 2006 quando un suo concerto dublinese fu sostenuto e finanziato dall’ambasciata israeliana. Le critiche sono sorte in merito alla delicata questione dell’occupazione dei territori palestinesi da parte dello stato ebraico.
Nonostante le critiche, Cohen ci tenne a dichiarare che pur non condividendo l’azione del suo governo, per lui il supporto del governo di Tel Aviv all’arte è stato un gesto di grande valore perché ha permesso ad un musicista emergente di esprimere sé stesso. E, soprattutto, di poterlo fare in piena libertà.
Poiché di Cohen abbiamo scelto l’album Seven Seas in abbinamento a questo magnifico Casavecchia, eravamo d’altra parte costretti a scegliere un’opera d’arte che parlasse di radici, ma anche del forte legame con l’acqua che si evince sin dal titolo di questo album.
Seven Seas significa infatti “Sette Mari” e in effetti Cohen, nel suo album, sembra davvero un mare in tempesta. L’artista non rinuncia a nessun passaggio melodico, senza per questo scadere nel melenso.
In aiuto ci è corso quindi il maestro del surrealismo, Salvador Dalì, ed una litografia in particolare di una serie di venticinque, esposte neanche un anno fa al museo ebraico di Bologna.
Dalì: A Jewish Experience
Dalì e questa serie di 25 litografie sono stati il tema della mostra del 2017 a Palazzo Belloni, a Bologna.
Nel 1973, cadendo il 25mo anniversario della nascita di Israele, Dalì realizzò questa serie di grafiche che ritraggono i capostipiti delle tribù ebraiche.
Una di queste opere, Moises Sauvé des Eaux, ripercorre uno dei grandi eventi della storia di Israele e del popolo ebraico, al punto che Abba Eban, allora ministro degli affari esteri per Israele, affermò: “O per la loro ambiguità o per la loro ambivalenza questi ritratti hanno un grande significato per noi. Attraverso la sua immaginazione, abbondante e diversa, Dalí in questo album aiuta a raccontare la civiltà israeliana agli inizi, il suo carattere mistico e la sua evoluzione”.
Il salvataggio di Mosé dalle acque è l’elemento chiave di una storia che dura da cinquemila anni, la base più profonda sulla quale sostano le radici del popolo israelita. Il patriarca che, salvato da morte certa, diviene messaggero di Dio per la salvezza del suo popolo e di tutto il resto dell’umanità.
Questa litografia riassume tutto ciò che abbiamo percepito nell’intreccio vino-arte-musica di questa visita alle cantine Alois. Un legame forte con le radici e soprattutto con l’acqua, quell’elemento fondamentale che compone per il 99% la bevanda ottenuta dalla fermentazione del succo d’uva, in assenza della purezza della quale ogni vino sarebbe soltanto un libro senza pagine.