Le analisi degli studiosi sono impietose. I cambiamenti climatici stanno danneggiando gravemente il mondo del vino. Per inseguire climi più freschi, saremo costretti ad abbandonare molte aree attualmente coltivate. Per spostarci più a Nord e ad altitudini superiori agli ottocento metri.
A sentire i “caldofili”, il caldo è bello anche ad ottobre. Anche quando – a tre o quattro giorni dalla festa di San Martino, data in cui “ogni mosto diventa vino” – Milano e il Nord Italia vengono travolti da giornate in cui il termometro sfiora i 30 gradi.
L’autunno 2018 è iniziato veramente male, quest’anno, con temperature anomale e da pieno agosto. Una situazione che può piacere solo a chi guarda ben poco al di là del suo naso e se ne andrebbe in spiaggia pure a Natale. Andatevene in Kenya se vi piace così tanto il caldo!
L’appassionato di vino deve, invece, essere ragionevolmente preoccupato dalla situazione che, dalla caldissima estate del 2003 sta interessando il nostro pianeta, con temperature record ogni anno, estati troppo calde e inverni troppo miti. La Terra ha la febbre e la causa è l’uomo con il suo inquinamento non più sostenibile: se non si inverte la tendenza, la situazione per la nostra bevanda preferita sarà terribile.
Una serie di studi riportati dalla Stampa, quotidiano torinese, rivelano che il futuro del vino sarà quello di vini fortemente aromatici, piatti e alcolici.
Il calore delle estati, non bilanciato da inverni altrettanto freddi, sta creando mosti troppo dolci che restituiscono vini eccessivamente “brucianti”. Un vino troppo alcolico copre le nuances e gli aromi varietali saranno sempre più difficili da individuare.
La vendemmia 2017 è stata terribile in tutto il mondo, con quantità ridotte ai minimi termini e qualità alte ma al prezzo di una eccessiva gradazione. Quella del 2018 è stata terribile, perché le piogge d’agosto hanno danneggiato molti vigneti e la grossa umidità con temporali tropicali ha creato grossissimi problemi ai produttori.
Una situazione da risolvere presto
Se non mettiamo presto una mano alla questione dei cambiamenti climatici, presto la nostra bevanda rassomiglierà di più ad un superalcolico. L’Italia, da sempre terra benedetta da una straordinaria varietà di uve perderà questo suo primato, e le nostre specie di uve finiranno per essere espiantate e trasportate sempre più verso Nord.
Tra le specie che saranno più colpite c’è il Pinot Noir, molto più sensibile di altre uve ai cambiamenti climatici. Rischieremo di trovarci al suo posto delle piantagioni di Xinomavro oppure di Monastrell. E persino le grandi maisons francesi si troveranno a dover fare la guerra con la Gran Bretagna, dove negli ultimi anni i vigneti di Chardonnay e di altre uve da spumante sono aumentati del 149%.
Anche i nuovi mercati del vino, come Usa e Nuova Zelanda saranno soppiantati da realtà che oggi non hanno nessuna importanza nel settore enologico e che hanno solo la fortuna di trovarsi più a Nord in termini di latitudine.
L’appello è rivolto quindi a tutti i governanti: FATE PRESTO!