Due prodotti, quello artistico e quello enologico, nati dalla stessa tradizione popolare: osannare e ringraziare un territorio – quello vesuviano – che dà la vita. Nasce così l’abbinamento tra il Lachryma Christi Munazei Rosso di Casa Setaro e il brano “La mia città” dei Summani
Nascono dallo stesso territorio, ma sono manifestazioni diverse della creatività del popolo vesuviano.
Da una parte i vini di Massimo Setaro, che ha ripreso i vigneti di famiglia alle pendici del “formidabil monte” leopardiano, creando vini figli, propri di questa terra.
Dall’altra i Summani, giovane band dell’area vesuviana nata con l’intenzione di miscelare e contaminare i suoni tipici della tradizione napoletana con le sonorità tipiche del prog-rock.
Dall’ultimo lavoro dei Summani abbiamo scelto il brano “La mia città”, tratto dall’album Prologo – uscito nel 2019.
Si tratta di un manifesto della città di Napoli nelle sue tre espressioni più caratteristiche: Napoli, Palepoli e Parthenope. Un atto d’amore in musica verso una città piena di contraddizioni che – tuttavia – come madre, è sempre pronta a proteggerti.
La struttura del pezzo rispetta i canoni della canzone classica con strofe e ritornelli, alternati però dai momenti tipici propri della cultura e tradizione popolare napoletana.
L’intro e i vari bridges ricordano, infatti, una tarantella contaminata e “sporcata” dalla vena rock della band.
La musica dei Summani e i vini di Casa Setaro hanno come punto di unione quel vulcano – il Vesuvio – che pur incutendo timore dona forza e primizie a queste due espressioni del territorio vesuviano.
Il nome della band, tra l’altro, rievoca quello di Giove Summano. Summano era il dio etrusco dei fulmini, ripreso poi in era romana come Giove Summano.
Il nome summano “caratterizza anche la parte sommitale del Monte Sacro il cui vertice è il punto centrale intorno al quale tutto ruota. Il Mons Summanus incarna le dicotomie fondamentali celeste/terreno, terreno/inferno, selvaggio/civile”.
Summanus appare “come uno spazio di frontiera tra mondo dei vivi e mondo dei morti, tra uomo e dio, tra natura e cultura…tra palco e resto del mondo. Il palco, infatti, è un altare, un luogo privilegiato e la dimensione del musicista è quella di diffondersi”
Il sound, come un fulmine, si diffonde dall’alto, irradiando tutto l’ambiente circostante e scaricando tutta la sua forza.
Quella stessa forza, viva, che ritroviamo nei vini di Casa Setaro.